Anomalia. Solo libri, niente birra…

Anomalia ha aderito a “Viva San Lorenzo. Festival della cultura diffusa”, promosso dalla Libera Repubblica di San Lorenzo. Vogliamo in poche righe svolgere alcune riflessioni su questa adesione e su come vediamo i temi posti dal festival e dalle realtà che lo hanno promosso.

Quando nasce, nel 1976, Anomalia sceglie di affiancare da subito all’attività politica un’opera di selezione, raccolta, catalogazione e conservazione di libri, riviste, manifesti, volantini e documenti vari. Intendeva in questo modo essere uno dei punti che dovevano costituire un rete nella città, allora ricca di altri collettivi che si attivavano in questo senso. Il fine era da un lato di preservare un materiale prezioso, dall’altro di farne strumento di lotta, attraverso lo studio e la diffusione. La conformazione che questo lavoro andò assumendo ha prodotto ad Anomalia due realtà, la libreria e il centro di documentazione.

Ci soffermeremo sulla prima, che è quella che ha anche un elemento commerciale, uno degli argomenti centrali nel percorso del festival. La prima decisione presa fu su quali libri avere e la scelta è tutt’ora quella di non limitarsi alla sola saggistica, né alla sola saggistica anarchica, ma di aprirsi anche alla narrativa e, in una parola, a generi anche non direttamente connessi con la lotta politica. Piuttosto la selezione è sulla qualità dei vari testi posseduti.

Alla base di questa scelta c’è l’idea che un buon libro, in ogni caso, non è “mai una cosa morta”. La seconda decisione riguardò le modalità della diffusione. Si è optato, come tutt’oggi è, per due strutture: una biblioteca, più incentrata sulla saggistica, e la libreria, più generalista appunto. La prima è direttamente destinata allo studio e in questo è completata dal centro di documentazione. In tal modo si permetteva e si permette a tutti di accedere gratuitamente a un patrimonio di più di 7.000 libri, tutti di grande interesse. L’unica condizione, come per i materiali dell’archivio, è che il prestito avvenga all’interno stesso della struttura, perché una biblioteca militante si nutre della presenza attiva di chi vi accede.

La libreria è finalizzata invece alla possibilità dell’acquisto e della fruizione privata del libro. In questo anche Anomalia è una struttura “commerciale”, pur mancandole un requisito fondamentale: creare profitto e redditi dalle vendite. Perché questa scelta? Per più motivi insieme. Il primo è di carattere storico e si collega da vicino alla situazione attuale e a uno dei temi presenti nel Festival: molti centri di militanza politica, nella strategia repressiva intorno al 1977, venivano chiusi; affiancare ad essi un’attività di vendita e avere il riconoscimento di esercizio commerciale tutelava da questo rischio.

Oltre a ciò, si voleva consentire appunto di portare via un libro per leggerlo, sostenere economicamente tutta la struttura, rimanere come presidio di un commercio di tipo culturale. Attorno alla libreria si sviluppano poi presentazioni, proiezioni di film e documentari, seminari, concerti. Tutte queste attività vengono svolte in armonia con il contesto in cui Anomalia è inserita, poiché gli spazi sono stati creati in maniera tale che tutto si possa svolgere all’interno e perché gli abitanti del contorno percepiscono Anomalia come una presenza positiva.

Nel corso degli anni abbiamo vissuto sulla nostra pelle cambiamenti che sono visibili a tutti. Da un lato la trasformazione del quartiere: da residenza studentesca, a luogo di consumo e divertimento, con un progressivo arretramento delle realtà politiche. Dall’altro il declino delle vendite al dettaglio, fagocitate dalla grande distribuzione e dal commercio on line. Se prima quindi la libreria non produceva reddito, ma si pagava almeno le spese, da anni è un’attività commercialmente in perdita, che si mantiene grazie alla sottoscrizioni e alle iniziative.

Perché allora non ha chiuso, perché non è stata venduta lasciando solo biblioteca e centro di documentazione? Perché così ha voluto chi da sempre ci sta dentro, per il supporto che dà il collettivo e perché non sono invece svanite le idee che avevano portato alla sua apertura. Oltre a questo, perché ci stiamo bene, perché sperimentiamo un divertimento che si sforza di essere effettivamente controcultura, una convivialità non alienante.

Così il nostro modo di continuare a essere libreria ha scelto di non seguire la via che si vede anche a San Lorenzo, perciò questa sorta di slogan un po’ provocatorio: solo libri, niente birra. Perché crediamo che la scelta di essere in un certo modo, e di stare in quel modo in un luogo, non possa inseguire ciò che è stato uno degli elementi di decadenza di San Lorenzo, come di altri quartieri di Roma o altre città.

La ricerca del consumo, l’offerta del solo divertimento, la noncuranza dei risultati che ciò produce sulla vita di chi condivide quegli spazi non sono azioni neutre, ma al contempo determinano e sono effetto della frantumazione delle connessioni sociali di una comunità. Questa situazione non può che avere come esito una deriva autoritaria, la richiesta di sicurezza, l’impossibilità per chi dice di voler far politica di essere compreso da chi gli è intorno. Perciò cerchiamo di portare avanti anche il negozio di libri, ma non vendiamo birre.

Viva San Lorenzo, festival della cultura diffusa

www.liberarepubblicadisanlorenzo.it

Viva san lorenzo: un festival per un quartiere aperto